Cucito,  Simple living

Cucire il proprio guardaroba capsula

Un guardaroba capsula fatto di abiti che ci piacciono, ci fanno sentire bene e si abbinano facilmente tra loro creando outfit che ci valorizzano. Suona come un sogno irraggiungibile, vero? In realtĂ  un modo per realizzare questo sogno c’è, ma mi dispiace deludervi: non sto parlando di shopping sfrenato.

 

shopping sfrenato

Siamo stati abituati ad aggiungere elementi quando la soluzione era eliminarli, ma ora abbiamo imparato a non farci fregare dal tranello delle pubblicitĂ , dei saldi e del “prendi 3 paghi 2”. Abbiamo giĂ  parlato di guardaroba capsula in questo articolo e sappiamo che questa soluzione ci può aiutare a semplificare la nostra routine, ma c’è di piĂą.

Quali sono i vantaggi di un guardaroba capsula, se a cucire i nostri abiti siamo noi?

cucire - Photo by Volha Flaxeco on Unsplash
Photo by Volha Flaxeco on Unsplash

La comoditĂ  dei nostri vestiti:

Un capo fatto su misura segue le nostre forme anzichè ingabbiarle: provare il capo più volte durante la sua realizzazione ci permette di aggiustarlo secondo le nostre esigenze.

La scelta dei tessuti:

Quante volte ci è capitato di trovarci in un negozio e vedere una camicetta proprio carina, ma che al tatto era semplicemente orrenda? Certi tessuti ci fanno sudare, d’estate cacciano un caldo tremendo, o semplicemente dopo qualche lavaggio si deteriorano finchè non possiamo piĂą indossarli. Imparare a riconoscere i tessuti è fondamentale. L’ideale sarebbe anche sapere come vengono lavorati e tinti, ma non sempre ci vengono fornite queste informazioni. Di certo il cotone, il lino, il lyocell, il bambĂą, la seta e la lana sono da preferire a poliestere e altre fibre sintetiche, quando possibile.

Scegliamo solo i modelli che ci valorizzano:

Non è sempre facile trovare il modello giusto, quando giriamo per negozi. Gli abiti sembrano tagliati per delle top model e non per donne normali con rotolini al seguito. Realizzando i nostri abiti potremo scegliere solo i modelli che ci valorizzano per quello che siamo, eliminando così la convinzione che dobbiamo necessariamente cambiare il nostro corpo per riuscire a vestirci.

Photo by Rebecca Matthews on Unsplash
Photo by Rebecca Matthews on Unsplash

Non produciamo infelicitĂ , inquinamento e sfruttamento

Su questo punto credo che ci sia davvero molto da dire, potremmo scriverci un romanzo. L’industria della moda nella maggioranza dei casi è una macchina infernale, dalla produzione dei tessuti alla vendita del prodotto finito. Inquinamento ambientale, sfruttamento della mano d’opera, condizioni di lavoro pietose e paghe indecenti. Davvero vogliamo renderci complici di tutto questo? E’ una domanda che mi pongo spesso quando sono in giro. Se non posso permettermi di spendere uno stipendio per un paio di jeans etici, sarò costretta a comprarne un paio da 25€, ma cercherò di farli durare nel tempo, riparandoli se necessario. Con la consapevolezza che una persona ha lavorato per produrli, e quasi sicuramente lo ha fatto in condizioni poco piacevoli.
Credo che quando siamo tentati di comprare qualcosa sia una buona idea chiedersi sempre se per caso siamo in grado di realizzarlo noi stessi.

 

donna che cuce - macchina da cucire Juki
Photo by Firdaus Roslan on Unsplash

Ma come ho giĂ  detto, non si può pensare di buttare via tutto ciò che abbiamo per rimpiazzarlo con un guardaroba capsula improvvisato: così facendo non facciamo altro che produrre nuove montagne di rifiuti, e probabilmente ci pentiremmo di questa scelta dopo poco tempo. Questa illustrazione realizzata dall’artista canadese Sarah Lazarovic ci spiega benissimo come dovremmo agire:

sarah lazarovic - the buyerarchy of needs

Alla base della piramide: usa ciò che hai. Ne abbiamo giĂ  parlato, prenderci cura di ciò che possediamo giĂ , allungandone la vita, è la base da cui partire per uno stile di vita piĂą etico. Secondo punto: prendere in prestito. Noleggiare o farci prestare tutto ciò che useremo per un breve periodo di tempo, ad esempio tute da sci (se non siamo sciatori assidui), attrezzature per il campeggio, ecc. Terzo punto: scambiare. Organizzare uno swap party con le nostre amiche potrebbe essere un’idea diversa per passare una serata, scambiandoci tutto ciò che non usiamo piĂą o che non abbiamo piĂą voglia di indossare. Quarto punto: comprare usato. Il mercatino dell’usato è un posto sottovalutato da moltissima gente. MetĂ  delle mie cose è di seconda mano! I pregiudizi sugli oggetti di seconda mano sono davvero tanti, ma sarebbe ora di riconsiderare questa risorsa.

mercatino dell'usato - Photo by Prudence Earl on Unsplash
Photo by Prudence Earl on Unsplash

Quinto punto: fare. Eccoci al punto centrale di cui stiamo parlando oggi! Autoprodurre ciò che ci serve (in questo caso gli abiti) si trova quasi al vertice della piramide. Cosa significa? Semplicemente che non dobbiamo farci prendere dall’euforia e iniziare a produrre tutto ciò che ci viene in mente solo perchè è ecologico! Questo è esattamente l’opposto di ciò che dovremmo fare.

Dobbiamo imparare a pensare diversamente, non solo ad agire diversamente.

Autoprodurre qualcosa, anche se in modo sostenibile, implica comunque un dispendio di risorse e di denaro: niente è gratis, nè per noi nè per il pianeta. Per questo dobbiamo limitare il piĂą possibile gli ultimi due punti della piramide: fare e comprare. Cucire un guardaroba capsula è una buona idea, certo, è sostenibile, d’accordo, ma solo se va a sostituirsi lentamente alle abitudini consumistiche che abbiamo accumulato negli anni. In breve: si sostituisce qualcosa solo quando qualcosa è irreparabilmente danneggiato. Quando un abito è arrivato al capolinea, allora possiamo sostituirlo cucendone uno al suo posto (o acquistandone uno se non siamo in grado di realizzarlo da noi!). Nel prossimo articolo vediamo insieme qualche modello basic di facile realizzazione da inserire nel nostro guardaroba capsula.

Vi saluto con questa citazione di Sarah Lazarovic, su cui vale la pena riflettere:

“Quello che amo di piĂą è come spesso il tempo riveli una soluzione ai miei bisogni che non include comprare”

M.

 

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