
Il nostro viaggio in Islanda
E’ vero, me lo sono chiesta anche io: cosa c’entra un articolo sull’Islanda in un blog di cucito? La risposta è: niente.
Ci ho riflettuto e alla fine mi sono detta che un po’ di Islanda non fa male a nessuno, quindi beccatevela!
Iniziamo dalla cosa più turistica e stupida che possiate fare a Reykjavik: assaggiare lo squalo fermentato. Noi ovviamente lo abbiamo fatto. Qui sotto infatti potete notare mio marito che osserva le confezioni di squalo prima di commettere l’insano gesto di comprarne una.



Sulla strada per raggiungere la penisola di Snaefellsness abbiamo incontrato il canyon Raudfeldar, dove si dice che viva ancora Bardur, mezzo uomo e mezzo troll:

Hraunfossar, ovvero queste cascate d’acqua sorgiva che scaturisce direttamente dalla lava. Hraun infatti significa “Lava” (la metà delle guesthouse e delle città in Islanda contiene la parola Hraun nel proprio nome!)






Una cosa che non puoi fare a meno di notare è la quantità enorme di turisti. Pullman stracarichi di persone provenienti da tutto il mondo scorrazzano di qua e di là. La gente scende, si fa una bella foto con il selfie stick, e poi se ne va. Questo mi ha riempita di tristezza e anche un po’ di angoscia, sembra quasi una corsa a chi fotografa per primo la prossima “attrazione”. Ma non è così che mi piace andare in giro. L’Islanda è un paese meraviglioso, con una natura maestosa, gente cordiale e pecore…beh, un po’ meno cordiali.
Ma è reale, non è lì per noi. Le persone ci vivono, la terra stessa vive, si muove. I vulcani agiscono sotto i nostri piedi. L’acqua scorre anche senza che noi la fotografiamo e i cavalli forse vogliono solo essere lasciati tranquilli a pascolare. (Le pecore invece vogliono solo prenderti a pugni).
Io ho capito di essere una viaggiatrice “lenta”, preferisco vedere meno cose ma gustarmele di più. Ho bisogno di contemplare una roccia o una cascata per “assorbirla” fino in fondo, non vedo il senso di fotografare cose random e poi dover riguardare le foto per ricordarmi cosa cavolo stavo guardando (ammesso che lo sapessi). Per non parlare dei negozi di souvenir…! A Reykjavik era pieno di negozietti colmi di tazze, cappellini, felpe e maglioni che tutto erano meno che islandesi. Persino la lana islandese viene lavorata in cina.
Sono orgogliosa di dire che noi ci siamo fatti un sacco di strada (per lo più sterrata e off track) per raggiungere Bolli, un negozietto di artigianato locale, solo per comprare i maglioni islandesi lavorati a maglia dalle signore del posto. E ci abbiamo lasciato mezzo stipendio. Ebbene sì, quando ci vuole ci vuole!
In realtà ci sono moltissimi negozi di artigianato locale, seminati nei paesini più impensabili. La signora che ci ha venduto i maglioni mi ricordava la mia mamma. Purtroppo parlava solo Islandese e non sono riuscita a chiacchierarci, ma ci ha ringraziati di cuore e ci ha offerto del caffè caldo, e questo mi è bastato.
Comunque, a parte queste considerazioni anti-turismo, una cosa da fare assolutamente se vai in Islanda è un’escursione in mare per vedere le balene! Cosa che ha assorbito ciò che restava del nostro stipendio… ma ne vale la pena.
Ogni secondo passato in compagnia di queste creature meravigliose vale ogni centesimo speso.
Siamo salpati da Husavik, una città nel nord dell’Islanda, a bordo di un peschereccio del 1966 che ci ha condotti in mare aperto. Ci hanno fornito delle tute termiche e ci hanno offerto anche cioccolata calda e cinnamon bun!


Clicca qui per leggere la seconda parte del nostro viaggio in Islanda!
M.
Appassionata di cucito e arti tessili, aspirante minimalista. Mi piace fare le cose a modo mio…possibilmente a mano!
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